Basta moda sprecona. Join the fashion revolution!

L’idea che sprecare sia proprio una cosa da non fare si è fatta strada tra noi, lentamente ma inesorabilmente. A livello individuale, stando attenti a comprare quello che serve e non di più, e a livello collettivo, anche riutilizzando quello che avanza. Abbiamo imparato a dividere i rifiuti, a riciclare. Insomma stiamo cercando di rimediare ai danni fatti. Ci vorrà del tempo e dell’impegno, ma io sono ottimista (lo sono sempre, forse è genetico).

Stella McCartney shot her fall campaign in a Scottish landfill.

Mi sono accorta però di recente che la moda è rimasta fuori da questo lento processo di sensibilizzazione.
O meglio ci sta arrivando adesso.
C’è stato il green carpet alla Milano Fashion Week di settembre.
Stella McCartney ha scattato le foto della campagna pubblicitaria di quest’autunno in una discarica, e questa campagna sta girando molto e penso che possa servire.
La moda inquina tantissimo, questa è la verità.
E noi fashion blogger, after fifty o no, siamo complici.

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Vi dirò una cosa: essendo after fifty, io sono cresciuta in un mondo in cui la moda low cost non c’era, lo spreco non veniva neanche immaginato possibile, i vestiti si facevano fare dalle sarte e se ne aveva quel numero che serviva per essere sempre a posto. La mia famiglia era un po’ radicale da questo punto di vista, ma era in grande e abbondante compagnia.
A me i vestiti piacevano, le sarte mi stavano odiose, e quando è arrivata la rivoluzione degli hippies sono stata contenta di potermi mettere i jeans, i pullover larghi di babbo, le casacche indiane e gli zoccoli svedesi. Poi sono cresciuta, i tempi sono cambiati, e a un certo punto sono arrivati H&M, Zara, Mango e i loro simili, e poter comprare tre o quattro cose spendendo meno che comprandone una sola era bellissimo.
Confesso che sì, mi sono lasciata contagiare dalla febbre dell’acquisto low cost.
E sicuramente ho un guardaroba con troppi vestiti (e certo, ho anch’io i giorni in cui penso che non ho niente da mettermi).

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Ho cominciato ad accorgermi che avevo troppi vestiti da un paio d’anni.
Due cose mi hanno colpito in modo particolare: la prima è che continuavo a comprare camicie bianche che non portavo quasi mai (adoro le camicie bianche, e quindi quando ne vedevo una che mi piaceva la compravo; però trovo le camicie facciano freddo quando è freddo e caldo quando è caldo, quindi per me hanno una stagione superlimitata), e la seconda è che d’estate non riuscivo a mettere tutto quello che avevo (adoro i vestiti estivi, le cose leggere, ma l’estate qui da noi è veramente breve e alcune cose restano nell’armadio inutilizzate).

Come sempre, quando si capisce di essere parte di un problema la prospettiva cambia. Non si riesce più ad essere indifferenti, e si ha voglia di fare la propria parte.

Quindi sto cominciando a studiare il sistema moda da un punto di vista che non è più solo estetico e di gusto.

makesmthng

Ho scoperto che c’è un’organizzazione, Fashion Revolution, che in aprile celebra la Fashion Revolution Week con l’hashtag #whomademyclothes, in omaggio alle lavoratrici morte nell’incendio della fabbrica in Bangladesh nel 2013. Mi sono iscritta, mi sono fatta mandare una fanzine con un po’ di articoli sul tema.
A dicembre alla Cascina Cuccagna di Milano è stato organizzato il Make Something Day, per diffondere l’idea che magari certe cose ce le possiamo fare da soli invece che comprarle, che può essere divertente e anche soddisfacente.
Ho letto che, rispetto ad una decina di anni fa soltanto, usiamo i nostri vestiti il 30% in meno.
E sì, ci sono gli swap party e gli svuota armadi, ci sono i contenitori della Caritas e le organizzazioni che raccolgono gli abiti usati.
L’idea dei riutilizzo, della reinvenzione creativa degli abiti esistenti comincia a farsi strada e a stuzzicare i creativi.

E tuttavia, dovremmo proprio comprare un po’ meno.
Io ci sto provando, e vi terrò informati sui miei progressi.

E voi cosa ne pensate?

 

Anna da Re, blogger di ChicAfterFifty e opinionista per DonnaModerna.com

 

 

7 pensieri su “Basta moda sprecona. Join the fashion revolution!

  1. Assolutamente concordo con te! Anche io appartengo al fashion sistem, in quanto fashion designer, e comprendo benissimo che la moda ha il suo piccolo “pezzetto” di colpa nell’impatto ambientale. Ci sono tantissime problematiche che andrebbero risolte, e ovviamente la priorità è la determinazione e la voglia di migliorare. Anche io ho un blog creativo, se ti fa piacere dagli un’occhiata! Spero vorrai seguirlo! http://www.tittymonamour.wordpress.com

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  2. Brava! Condivido ogni parola. Io sono attiva nel suggerire come non sprecare il cibo, ma ogni cosa sprecata vale come un’altra. Per la moda, siamo vittime di una sollecitazione al consumismo alla quale ci siamo adattati senza quasi accorgercene (potenza dei messaggi subliminali dei pubblicitari e compagnia bella). Anch’io penso sia indispensabile una retromarcia, pur non rinunciando a tante comodità, oltre a un’attenzione verso la produzione, spesso fatta senza sicurezza e attenzione. Piano piano …

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    1. è vero Paola, lo spreco è spreco, di qualunque cosa si tratti. Sul cibo secondo me siamo più consapevoli che sulla moda, per cui abbiamo tanta strada da fare. Ma penso che le cose miglioreranno! grazie del tuo commento!

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  3. Bell’articolo Anna, e come non essere d’accordo con te! Chissà se tornerà un po’ di equilibrio e cosa ci vorrà per farci capire che dobbiamo smettere di spendere soldi, anche se pochi, per non alimentare la moda dello spreco. Una rivoluzione?

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  4. Assolutamente d’accordo. Grazie per il contributo! È vero che l’industria del fashion ha un impatto sull’ambiente altissimo: non è sostenibile, non è circolare, non è (a volte) etica e spinge allo spreco (fast fashion). C’è tanto da fare, speriamo che i buoni esempi (e ce ne sono) guidino gli altri oltre la logica del mero profitto.

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