Ci sono dei libri irritanti. E quelli vanno archiviati subito. O regalati, anche se regalare qualcosa che non è piaciuto a me fa brutto. In realtà, non è detto che quello che infastidisce me infastidisca tutti.
Anzi. Tanto per farvi un esempio concreto, un libro che mi ha irritato profondamente è stato L’eleganza del riccio. Libro che è piaciuto a moltissime persone, e immagino piaciuto onestamente. Io l’ho cominciato con tante buone intenzioni, ma mi ha disturbato da subito.
Vi ricordate il patto segreto tra lettore e scrittore di cui vi ho parlato la volta scorsa? Ecco, io alla signora Muriel Barbery e ai suoi personaggi non ho creduto mezzo minuto. Non saprei neanche dirvi perché, ma era come se mi volesse prendere per il naso. E io che pure sono una credulona, in generale, in questo caso l’ho sgamata subito. Il libro l’ho finito, poi, ma non ho cambiato idea in tutta la lettura.
E ora, tra le tante cose che sto leggendo, ce n’è una che mi irrita ogni tanto. Dovrebbe essere il libro perfetto per me, la protagonista è una sessantenne e pure montanara. Ma come sappiamo tutti noi lettori, il racconto per metà è fatto di “che cosa”, ma per l’altra metà è fatto di “come” e il “come” può arrivare ad ammazzare il “che cosa”. La scrittrice che racconta la storia della sessantenne indulge su alcune parole, su alcune forme, te le mette lì davanti al naso come se ti volesse dire vedi quante parole conosco? vedi quante forme letterarie so usare? vedi quanto posso essere sofisticata? E sì che lo vedo. Ma vorrei non vederlo.
Caro scrittore, io lettore in realtà sono un ascoltatore. Ti do una voce nella mia mente, e se meni il can per l’aia, se fai sfoggio delle tue abilità solo per il gusto di farlo, mi spiace ma me ne accorgo. E qualche volta ti schiaffeggerei, per questo!
Avete anche voi delle reazioni così, quando leggete? E vi sentite autorizzati ad averle? Io sì…
E intanto buona giornata!
Anna da Re, blogger di ChicAfterFifty e opinionista per DonnaModerna.com e GreyPanthers.it