Murakami, la pazienza e i berretti lavorati a mano

Di Haruki Murakami e del bellissimo romanzo L’assassinio del commendatore vi ho già parlato, anche se ovviamente non vi ho raccontato la trama (che non si fa, perché i libri vanno letti, mica raccontati). Non mi ricordo se vi ho parlato della pazienza.

Che è una parola molto usata, da quando c’è la pandemia, ma è un atto o atteggiamento parecchio difficile da mettere in pratica. Richiede allenamento, e forse c’è qualcuno che ha una propensione maggiore di altri.

Il protagonista del romanzo di Murakami per esempio. Lui è davvero paziente. Sta ore davanti a un quadro, per capire. Sa aspettare. Sa che non si capisce sempre subito, anzi spesso ci vuole del tempo, non sappiamo quanto, per capire davvero. E senza la pazienza di aspettare, semplicemente non si capisce. Si salta un pezzo, un passaggio. Che non torna più, come niente nella vita.

E se vi chiedete cosa c’entrano i berretti, ve lo dico subito. Il lavoro a maglia richiede pazienza. Tutti i lavori manuali richiedono pazienza, dedizione, attenzione al dettaglio. E in questo senso sono un ottimo allenamento all’esercizio della pazienza in generale.

Quest’anno ho deciso di cimentarmi con i berretti. Che siccome sono piccoli tutti pensano che siano facili. Io mi ci ero già provata e avevo notato che non era facile per niente, se non altro perché i berretti devono vestire la testa che è rotonda. Mentre un maglione si basa su un lavoro sostanzialmente lineare, il berretto richiede la rotondità. Guardando in rete cose che mi piacevano, sbirciando qualche tutorial per alcuni passaggi che non mi erano chiari, alla fine ho trovato un mio modo, usando tecniche miste. Ma ho dovuto fare almeno cinque o sei berretti per avere chiaro come procedere. Berretti che sono venuti abbastanza bene, per cartità, ma che non erano esattamente il risultato che volevo raggiungere. Ora ci sono quasi.

Quanta pazienza ci è voluta? Tanta. Gli artisti come la mia ospite Verde Alfieri, ma anche gli artigiani come forse mi posso ritenere io, lo sanno e anche quando sono esasperati perché quello che pensavano funzionasse non funziona, quando sono stanchi perché la meta sembrava vicina e invece non lo è, vanno comunque avanti. Non smettono finchè non hanno raggiunto quello che si erano prefissi. E ci hanno messo tanto tempo. Il tempo che ci vuole, si diceva una volta. Ma magari di quello parliamo un’altra volta.

Intanto buona giornata e buona Epifania (ve lo ricordate vero che tutte le feste si porta via? Fatene tesoro)

Anna da Re, blogger di ChicAfterFifty e opinionista per DonnaModerna.com e GreyPanthers.it

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